Verso una nuova era dell’Hip Hop LGBTQ+

hip hop - 50cent
50 Cent

“All’inizio nessuno pensava che uno come Eminem potesse davvero farcela perché era un ragazzo bianco. Ma nell’hip hop conta soprattutto il talento. Pensa ai battle: se fai schifo, peggio per te, ma se sei bravo, la gente ti rispetterà, a prescindere dai tuoi gusti sessuali”

L’hip hop è ancora un genere per soli uomini?

L’hip hop ha conosciuto sfide significative legate all’accettazione della diversità sessuale. L’idea che essere apertamente gay o appartenere a una minoranza sessuale potesse influire negativamente sulla reputazione e sul successo commerciale, ne ha influenzato le rappresentazioni di genere. E tutto questo accentuato da un’industria musicale e da etichette discografiche che hanno, nel corso degli anni, promosso artisti conformi agli standard di mercato, contribuendo a perpetuare stereotipi e limitare la diversità nelle rappresentazioni di genere. Negli ultimi anni, però, sembra star prendendo piede un cambiamento culturale.

Nato tra i parcheggi e le strade più degradate del Bronx negli anni ’70, l’hip hop emerge come forma di espressione artistica legata alle realtà urbane e come voce delle comunità afroamericane. La musica traduceva in parole crude e senza veli la vita del ghetto spesso caratterizzata da una cultura maschilista e dall’ostilità nei confronti della diversità sessuale. Così inizia a prendere piede quel linguaggio sessista fatto di stereotipi di genere che rifletteva le dinamiche sociali dell’epoca e che, con la crescente commercializzazione, ha attirato sempre di più l’attenzione del pubblico, generando vendite più elevate.

Snoop Dogg - Dr. Dre
Snoop Dogg – Dr. Dre

L’impatto dell’industria musicale sull’hip hop

Il linguaggio della musica di strada e mainstream lo coniano, dunque, i maschi: nel 1992 nasce quel neologismo “bootylicious” dai rapper Snoop Dogg e Dr Dre in Fuck Wit Dre Day, che Beyoncé con le Destiny’s Child trasfigurerà da termine oggettificante e insultante a inno alla voluttuosità del corpo delle donne afrodiscendenti, ribaltandone il senso (Murgia – 2021 – p.).

Nei primi anni ’90, il gangsta rap guadagna popolarità. Questo sottogenere hip-hop spesso narrava storie di vita di strada, criminalità e violenza, con testi sessisti e misogini, riflettendo aspetti problematici della cultura machista. Sempre gli anni ’90, tuttavia, sono la culla delle pionieristiche aperture nei confronti della diversità sessuale, soprattutto per iniziativa di personaggi come Mister Maker, dj inglese che diede vita al sito gayhiphop.com, punto di riferimento della comunità appassionata di questo genere.  Il punto di partenza per Mister Maker era la convinzione che attraverso l’hip hop si potessero anche veicolare sentimenti e aspirazioni della comunità omosessuale.

Homo Hop: rivoluzione e cambiamento

Nasce, così, il movimento Homo Hop, a sostegno degli artisti LGBTQ nella comunità hip hop, che ha contribuito a ridefinire le dinamiche tradizionali del genere, restando tuttavia una realtà in minoranza/circoscritta. È grazie a Katastrophe, rapper transgender, che il movimento esce dai locali esclusivamente LBGTQ, per acquisire maggiore rilevanza anche fuori dagli USA: “ma la verità è che è il mondo intero a essere omofobo. Perché l’hip hop dovrebbe essere diverso? La musica, qualunque tipo di musica, non fa che riflettere quello che succede nella società”.

Tutto è nato con gruppi come i Deep Dickollective, dice Katastrophe: “Sono stati stati i primi rapper dichiaratamente gay e la gente li rispetta perché fanno dell’ottimo hip hop”. Artisti come Mykki Blanco, Big Freedia e Le1f hanno reso, poi, il movimento Homo Hop una forza sempre più riconoscibile. “Quando fai rap e improvvisi, esprimi le tue emozioni e dover stare attento a non dire certe cose perché potrebbero farti uscire allo scoperto può essere molto frustrante. Il rap è libertà d’espressione, non dimentichiamocelo”.

Lil Nas X
Lil Nas X

Nuove voci: verso una rappresentazione più autentica

La vera rivoluzione culturale parte, però, da quegli artisti dell’hip hop mainstream che hanno sfidato gli stereotipi e abbattuto tabù. Lil Nas X e Frank Ocean hanno aperto le porte a una nuova era di espressione artistica e accettazione nella comunità LGBTQ. Lil Nas X, attualmente il rapper gay più famoso al mondo, con il suo coming out aperto e sincero, ha aperto le porte del rap a una vera e propria libertà di espressione di sé: “Mi sento come se stessi aprendo le porte a più persone. Che si sentano più a loro agio a uscire allo scoperto. Soprattutto nella comunità hip-hop”.

Abbracciando un’immagine e un immaginario sempre più genderless, ha sfidato il pregiudizio secondo cui essere gay e fare rap fosse incompatibile, sfatando quello che era di opinione comune: “gay è l’esatto opposto della parola hip hop”. È così che la diversità diventa una forza. Ma Lil Nas X non è stato il primo a rompere gli schemi nell’ambiente dell’hip hop. Già nel 2012, Frank Ocean aveva fatto il suo coming out aprendo la strada a una discussione più aperta sulla sessualità nella scena musicale.

Quando i primi rumors circolarono riguardo all’uso di un pronome maschile in una sua canzone per descrivere un amore omosessuale, Ocean non esitò a dichiararsi gay attraverso un lungo post su Tumblr. Raccontò di essersi innamorato per la prima volta di un ragazzo a 19 anni, sottolineando la liberazione che provò nel condividere la sua verità. Dopo di lui anche artisti come Tyler, The Creator e Azealia Banks hanno scritto brani che lasciano intendere la loro omosessualità.

Tyler The Creator - Azealia Banks
Tyler The Creator – Azealia Banks

L’evoluzione di un genere verso l’inclusione

In questa battaglia verso la libertà di espressione, non va certamente dimenticato l’apporto dato dai testi in difesa e supporto della comunità LGBTQ, dal duo statunitense Macklemore & Lewis da sempre in prima linea contro l’omofobia e sostenitori della campagna per legalizzare il matrimonio gay in tutti gli Stati Uniti, con la loro canzone Same Love, a Kanye West, Jay Z, Beyoncé e Nicki Minaj.

Avere una rappresentazione reale all’interno del genere è, però, qualcosa di più significativo. La musica, come veicolo di cambiamento e inclusione, dovrebbe essere un ponte che supera le divisioni, piuttosto che una barriera. Sostenere e promuovere la diversità all’interno dell’hip hop non solo riflette i valori fondamentali della libertà di espressione, ma anche il potere trasformativo della musica nel plasmare un mondo più aperto, accogliente e unito.