PALAZZINA LAF: LA CLASSE OPERAIA NON VA IN PARADISO

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Palazzina LAF è un film del 2023, diretto e interpretato da Michele Riondino.

Al crepuscolo degli anni novanta, in una Taranto sbiadita e intossicata dai miasmi industriali, Caterino Lamanna (Michele Riondino) conduce la sua grigia vita da operaio dell’ILVA sull’onda di una velata indolenza che non s’infrange sullo scoglio delle morti e delle violazioni a carico della più grande acciaieria d’Europa.

Nel suo rifugio della decadente periferia campestre, l’uomo sembra vivere in una dimensione ovattata, dove non arriva fino in fondo il rantolo dei concittadini e degli animali che periscono per l’aria che sa di carbone e né la voce del sindacato che lotta per la sicurezza sul lavoro e contro il demansionamento. Ciò che lo rende più sensibile è un’ordinaria aspirazione al riscatto sociale da condividere con Anna, la sua ragazza albanese.

L’occasione di una svolta gli viene offerta da un dirigente aziendale, Giancarlo Basile (Elio Germano) che, con criminale cinismo, gli propone di spiare i lavoratori ritenuti “scomodi” e denunciarli, in cambio di una promozione. Nel delirio di onnipotenza per il nuovo incarico, Caterino scopre che nella Palazzina LAF (acronimo di “laminatoio a freddo”), all’interno dello stabilimento, ci sono impiegati che spostati dai loro reparti passano le giornate a oziare e così, attratto dal facile guadagno, ottiene di continuare qui l’opera di spionaggio.

Questo luogo, che gli era apparso come un cielo paradisiaco, presto si dichiara una bolgia infernale, dove vagano, come anime in pena sorvegliate da cerberi, lavoratori declassati con la scusa di un riassetto per motivi di esubero. Malgrado la consapevolezza di assistere a un palese degrado umano, Caterino persevera nella sua vile missione con proterva ignoranza, credendo di salvarsi dalla nube malsana che per contrappasso lo avvolge nella sua coltre senza assoluzione.

GLI ALBORI DEL “MOBBING”

La Palazzina LAF è un vero e proprio confino per quei lavoratori che hanno osato ribellarsi a un insensato e dannoso cambio di mansioni, e per questo sono puniti con l’emarginazione e la svalutazione atte ad annientarli. Su questo background si staglia il primo caso di mobbing in Italia, riconosciuto dalla giurisprudenza, con i suoi drammatici strascichi.

In una tragica atmosfera surreale, la palazzina diventa teatro dell’assurdo in cui si consumano gli squilibri psicofisici e comportamentali dei mobbizzati. L’ambiente è così angusto, rispetto al numero delle persone che vi sono relegate, da trasmettere un prorompente senso claustrofobico tenuto a bada dal tifo per la rivalsa di questi lavoratori osteggiati e ignari di avere una serpe in seno.

Per pochi istanti, la loro resilienza fa vacillare lo stesso Caterino che dirotta verso una pietas provata per la segretaria di Basile, anch’essa confinata, per poi restare miseramente incastrato negli ingranaggi del gioco di abuso di potere della classe dirigente.

LA RISCOSSA DEL CINEMA SOCIALE

Questo esordio alla regia del tarantino Michele Riondino è degno di nota perché racconta una pagina dolorosa e indelebile della propria città senza artifizi e sentimentalismi a buon mercato (persino la musica è centellinata per non “distrarre”), sortendo l’effetto, riuscito, di rappresentare la realtà nuda e cruda.  

Nell’immediato post – COVID si avvertiva solo il bisogno di spensieratezza e del cinema civile fatto bene se ne sentiva francamente la mancanza. Gli appassionati di questo genere cinematografico potrebbero intravedere nelle veraci interpretazioni di Riondino ed Elio Germano (tra i migliori attori versatili in circolazione) l’eredità di Gian Maria Volontè legata ai suoi iconici ritratti d’ispirazione sociale e politica.

Non è un caso che la loro bravura sia stata premiata, lo scorso maggio, con i David di Donatello rispettivamente almiglior attore protagonista (Riondino) e al miglior attore non protagonista (Germano). A questi si aggiunge un terzo premio conferito a Diodato, un altro figlio di Taranto, per il singolo “La mia Terra” (che fa da colonna sonora del film), un atto d’amore per questa “Terra di fuochi e di mare, Terra di sangue e di sale, Rossa di minerale, Tra scirocco e maestrale.”