MARCELLO MIO | CENTO VOLTE MASTROIANNI

Marcello mio è un film di Christophe Honoré presentato al Festival di Cannes 2024.

Quest’anno Marcello Mastroianni compie cento anni e il cinema d’oltralpe lo festeggia con un film in cui il suo spirito aleggia e in maniera giocosa rivive attraverso sua figlia. Chiara Mastroianni (che interpreta sé stessa, come tutti gli altri attori del cast) è un bellissimo ibrido tra suo padre e sua madre, Catherine Deneuve, appiattito dalla greve eredità artistica che lo priva di un’identità propria.

Dopo uno shooting rievocante Anita Ekberg nella Fontana di Trevi, Chiara vede riflesso nello specchio il volto di suo padre, tanto amato quanto rimpianto, e per lo shock sviene. Dell’accaduto non ne parla con nessuno e decide improvvisamente di indossare una parrucca e abiti maschili per “essere Marcello Mastroianni”.

La perfetta somiglianza tra padre e figlia lascia senza parole la Deneuve, altera e materna, ignara dei reali motivi di questa trasformazione, che rivede in Chiara i nitidi tratti dell’uomo amato con passione, il mascalzone negli affetti con cui è ancora un po’ arrabbiata.

Anche Benjamin e Melvil, rispettivamente ex-marito ed ex-fidanzato di Chiara nella realtà, non comprendono il perché di questa immedesimazione. L’unico che “reggere il gioco” è l’attore Fabrice Luchini che, spinto dalla nostalgia della sua amicizia con Marcello, diventa per Chiara una dolce spalla su cui appoggiare il capo.

UNA NUOVA IDENTITÀ NEL NOME DEL PADRE

marcello

Fare i conti con lo struggente ricordo di Marcello rappresenta per Chiara l’occasione di far emergere il suo “io sepolto”: come Peter Pan si cuce addosso un’ombra per poter vedere suo padre nella propria interezza, nelle sue debolezze come nel grande affetto che ha saputo comunicarle.

Attraverso questa onirica simbiosi, Marcello prende per mano Chiara, ci danza amorevolmente, la conduce fuori dalla dinamica di cercare negli altri (la madre, i registi, gli ex) l’approvazione regalandole una nuova consapevolezza, battezzata con un bagno catartico nel mare di Formia, un caro luogo di villeggiatura del passato.

FELLINI MON AMOUR

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Tutto il film è una “citazione felliniana” doverosa per l’omaggio a uno degli attori più rappresentativi dell’arte del Federico nazionale. Ed ecco che Chiara è dapprima il regista confuso di , poi con il frac diventa Pippo Botticella di Ginger e Fred e alla fine veste i panni di Marcello Rubini della Dolce vita il cui richiamo è più netto.

La bravura di questa figlia d’arte è incarnare queste maschere con la stessa disinvolta leggerezza che caratterizzava Marcello Mastroianni, convinto cultore della recitazione nella sua accezione più ludica, il “jouer”. È una storia graziosa, introspettiva e celebrativa senza pathos stucchevole, con la peculiarità di essere raccontata in tre lingue (francese, inglese e italiano) e senza doppiaggio…Guardare un film in lingua originale con i sottotitoli dovrebbe essere la norma e farebbe rivalutare molti attori.