Dimmi come ti vesti e NON ti dico chi sei

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Chi si crede di essere con quei tacchi? Chissà a chi l’ha data per essere dov’è! Che modi sguaiati! Vi suonano familiari questi commenti? La sociolinguista Vera Gheno è pronta a scommettere di sì. Anche perché il commento pubblico riguardo le sue scelte estetiche è qualcosa che ha provato (subìto?) in prima persona. È da questo spiacevole episodio che prende le mosse l’ultima puntata del suo podcast Amare Parole intitolata non a caso: Ma come ti vesti?”

In seguito ad un attacco personale sferrato da una professoressa ospite ad una conferenza sul linguaggio inclusivo, la quale mette in discussione la credibilità di Gheno giudicando appunto il suo aspetto (e non la sostanza delle sue parole), la sociolinguista spende 20 minuti sul suo canale – pubblicato da Il Post – per parlare di come sia facile, comune, cadere nel commento sul corpo femminile e sulle scelte di vita delle donne. Non solo da parte di uomini, ahimè, ma anche da parte delle donne stesse.

Una lista apparentemente sconclusionata di nomi: Chiara Ferragni, Giorgia Meloni, Elodie, Giovanna Botteri, Carola Rackete. Eppure, queste donne, che niente hanno a che fare l’una con l’altra, sono oggetto dello stesso enorme problema: il fatto che l’aspetto delle donne e loro corpo sia tutt’oggi considerato affare di pubblico dominio. Non è qualcosa su cui si sta a ragionare (e davvero dovremmo iniziare a farlo) ma di fatto viene facile avanzare la pretesa di controllarlo o almeno giudicarlo. Ecco cosa è stato detto sulle donne citate, andando in ordine: troppo sexy per essere una madre. Mise discutibili. Troppo succinta. Capelli brizzolati. Peli sulle gambe.

Impatto delle Norme Estetiche sulle Capacità Intellettuali delle Donne

Contano questi fatti – l’abbigliamento, l’estetica, le scelte personali – se non impattano la vita professionale?”, domanda retoricamente Vera Gheno. Assolutamente no, non sono cose che ci dovrebbero importare. Ci sono studi di come il costante monitoraggio corporeo a cui la società ci ha abituate, privi parzialmente le donne delle capacità intellettuali di cui potrebbero disporre se non fossero preoccupate di sembrare appropriate, come “si conviene”.

La sociolinguista menziona a tal proposito un esperimento empirico che è stato condotto su un gruppo di uomini e donne: ad una parte di loro è stato chiesto di indossare costumi da bagno, ai restanti dei maglioni. Successivamente sono stati sottoposti a test sull’attenzione: gli uomini hanno dato risultati identici, mentre le donne con i maglioni hanno risposto in modo più soddisfacente rispetto alle donne in bikini, perché mentalmente impegnate anche a preoccuparsi della loro presentabilità.

In quest’ottica viene quasi da pensare che l’ossessione della società per l’aspetto femminile (ma anche l’aspetto maschile, quando non allineato a canoni classici) sia non solo una pratica volta a soddisfare l’esigenza della chiacchiera leggera, ma anche un subdolo strumento di controllo da parte di coloro i quali ritengono opportuno che la palla rimanga da un solo lato del campo, quello del maschio etero e con la cravatta.

A volte le donne – continua Gheno – sono compartecipi di questo sistema valoriale, come se l’essere brava prevedesse una certa modestia d’abbigliamento, così come un tono di voce sommesso e una postura eretta ma non spavalda. ll pensiero ingannevole è: se sei brava a fare qualcosa non hai bisogno di agghindarti.” Ne consegue che chi lo fa, deve compensare una qualche mancanza (e soprattutto che lo faccia per qualcun altro).

Cita, infine, l’attivista e scrittrice del saggio Campo di battaglia – lotte dei corpi femminili, Carolina Capria, sottolineando e condividendo un suo pensiero, come cioè, nonostante l’incombenza di informazioni che ci invitano a evitare questo tipo di abbigliamento o quel tipo di make-up dopo i 30, 40, 50 anni, ci sia una schiera sempre più nutrita di donne che sceglie autonomamente e che non crede alla pratica dello screditare la validità di una persona in base a come porta in giro il proprio corpo.

Così, chiosa Gheno: “È vero, si è sempre fatto cosi: il commento sull’abbigliamento e sul corpo femminile è sempre esistito. Dunque la cosa da fare è invertire il trend e smettere di credere che sia normale. E per tutti gli irriducibili, una risposta universale: Embè?!