Diari d’amore: esordio alla regia teatrale di Nanni Moretti

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È con Diari d’amore che Nanni Moretti esordisce alla regia teatrale. Dopo una lunga tournée di successo in giro per l’Italia, lo spettacolo debutterà anche a Parigi dal 6 al 16 giugno.

Le commedie di Natalia Ginzburg

Per la sua prima volta da regista teatrale, Moretti sceglie un dittico di Natalia Ginzburg: Fragola e Panna (1966) e Dialogo (1970). Sono storie d’interni, amare e pessimiste ma anche comiche e vitali, in cui la visione dell’autrice è in linea con quella di Moretti: entrambi condividono lo stesso sguardo ironico sul mondo, a partire dalla lingua che è votata alla modernità, all’essenzialità e alla semplicità. È la lingua di parole che definiscono la fragilità degli uomini e la solitudine delle donne.

Ciò che emerge è il contesto borghese degli anni Sessanta: l’esaurimento di un contesto familiare e la vista acuta verso un orizzonte in cui la donna possa esprimere la propria libertà. Il successo dello spettacolo è sicuramente questo: pur mettendo in scena opere del 1966 e del 1970, la rappresentazione è più attuale che mai.

La regia di Nanni Moretti

Diversamente dalla cronologia Moretti inverte i testi, passando da un contesto più intimo in Dialogo a uno più espansivo in Fragole e Panna. Il regista non stravolge il testo ma gli è fedele per temi e toni, si limita ad assecondare la musica interna alle commedie della Ginzburg. Infatti, la regia non è compiaciuta né protagonista, ma è spettatrice come una macchina da presa fissa al centro, in cui l’ambiente risulta solo un involucro delle parole.

L’autrice aveva pensato alle due opere per la televisione, definendo così lo spettatore come un occhio esterno che s’intromette nelle vicende altrui. Nello spettacolo la quarta parete si percepisce così come i confini fisici che costruiscono la scena: sembra di stare dentro le case dei protagonisti.

Dentro lo spettacolo: “diari d’amore”

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Si leva il sipario e lo spettatore entra prepotentemente in una camera da letto, il marito Francesco (Valerio Binasco) e la moglie Marta (Alessia Giuliani) sono ancora a letto. Così si svolge un Dialogo dalle sfumature quotidiane, in cui si parla di amici, di soldi, di lavoro e si definisce il rapporto di una coppia in crisi. Francesco è un debole che sminuisce la moglie. È un uomo nevrotico e molto egocentrico che dimostra la sua personalità non stando mai fermo e rendendo quel letto metafora del suo stato di inettitudine.

Marta invece appare schiacciata da un segreto che fin dall’inizio vorrebbe rivelare ma che solo alla fine svela. Il pubblico non saprà mai se quella confidenza cambierà lo stato delle cose, tutto resta sospeso tra le parole. Si ride di questa coppia che non vuole affrontare una realtà vincolante e decide di rimanere nella consuetudine. «Sono confusa», dice Marta.

Nel nuovo atto il pubblico si ritrova in un salotto borghese di una casa di campagna: due divani e un portone al centro. Qui abitano Cesare (Valerio Binasco) e Flaminia (Alessia Giuliani). Durante una nevicata irrompe Barbara (Arianna Pozzoli), la quale cerca l’amante Cesare in casa sua. Le apre la serva Tosca (Daria Deflorian).

Si conosce così la storia di Barbara: madre appena diciottenne scappata di casa dal marito per paura che potesse ucciderla dopo aver scoperto del suo tradimento. Ingenuamente convita che Cesare potesse aiutarla, trova invece la moglie Flaminia che pur continuando a vivere un matrimonio mendace, non è disposta ad accogliere la giovane. Le dona però dei soldi e acconsente che la sorella Letizia (Giorgia Senesi) l’accompagni dalle suore. Cesare appare solo nel finale ed è altero, manipolatore e indifferente, nulla lo smuove e nulla gli interessa di Barbara.

Il personaggio più riuscito è sicuramente la domestica, oltre ad essere l’unica con cui si riesce ad empatizzare. La performance dell’attrice ruba la scena agli altri, i suoi intercalari «non sono una signora, sono una serva» oppure «io qui non mi trovo», la rendono perfettamente inserita nella sua classe sociale e scaturiscono il riso del pubblico in un dramma che di comico ha poco e nulla.

In entrambe le opere, pur avendo uno sguardo femminile predominante, l’uomo – prima nella sua debolezza e dopo nella sua assenza – conduce le vicende. Diari d’amore è un invito a riflettere: tutto avviene all’interno delle “protette” mura domestiche, proprio quei luoghi dove si consumano le violenze più efferate.