CARACAS | IL TORMENTO DELL’IO
Caracas è un film del 2024 diretto e interpretato da Marco D’Amore.
In un quartiere napoletano dai tratti di una favela adiacente alla stazione, tra le urla dei naziskin e l’eco del muezzin, erra Caracas (Marco D’Amore), un orfano, un uomo in cerca di sé stesso. Nel fiume del suo smarrimento si è battezzato con un nome straniero, nell’illusione di suggellare un’identità rispettabile che s’inchina a un redivivo fanatismo fascista.
L’inno al Duce diventa afono durante un infernale raid notturno di squadristi, ai danni della comunità musulmana, che termina con un brutale accoltellamento: Caracas va in soccorso di un moribondo straniero verso cui prova una pietas sconosciuta che lo stordisce.
Nello spasmodico bisogno di ancorarsi a una fede che lo qualifichi e lo redimi, Caracas decide di convertirsi all’Islam, supportato dall’amore di e per Yasmina (l’attrice francese di origine tunisina Lina Camélia Lumbroso), una ragazza musulmana anticonvenzionale e perdutamente eroinomane.
Nei vicoli oscuri e violenti della Città del sole, contrasto acre e verace, il passo di Caracas incrocia quello di Giordano Fonte (Toni Servillo), un letterato apprezzato che dopo anni ritorna nella sua Napoli, la vecchia maliarda adorata e così irriconoscibile da privarlo dell’incanto di sporcare d’inchiostro nuove pagine.
Giordano smarrisce il suo sentiero e con fatica rasenta il cuore pulsante della città, un vortice di sentimenti forti e opposti “dal quale non vuole farsi più inghiottire”. Ma questa resistenza si rivela una lotta persa: l’incontro con Caracas diventa l’inaspettato pretesto per scrivere una nuova storia, un input prorompente nel processo creativo di Giordano che viene inesorabilmente risucchiato da quel ventre materno tanto amato quanto odiato.
E così, tra luci e ombre, l’esistenza di Caracas scorre in parallelo alla penna di Giordano.
un metaracconto di PERDIZIONE E CATARSI
Il film (il terzo diretto da Marco D’Amore) è un adattamento cinematografico del romanzo di Ermanno Rea “Napoli ferrovia” che racconta di un legame tra due uomini diametralmente opposti, accomunati dalla sofferta ricerca di un senso di appartenenza.
La loro perdizione è l’emblema del disorientamento che affligge l’uomo odierno, a causa di speranze e certezze che si sgretolano al bagliore incandescente della sfiducia in un’umanità compromessa nel presente e anche nel futuro. Ed ecco che lo sgomento per un vuoto interiore che va disperatamente colmato si traduce a volte nell’abbandono di ogni entusiasmo, altre nell’abbraccio di ideologie politiche estreme o fedi religiose che diano un segno tangibile di vigore e salvezza.
La sequenza di scene ambientate in una Napoli, insolitamente buia e uggiosa, fa da sfondo al tormento dei due protagonisti in cerca di una catarsi che per Caracas è la conversione mistica, per Giordano il ritorno alla scrittura. Ed è così che attraverso una complessa e ipnotica metanarrazione, il racconto che Giordano fa di Caracas, con un misto di lucidità e delirio, diventa opera salvifica per entrambi.
UN DUBBIO AMLETICO NECESSARIO
La storia sembra evolversi su due piani, uno più reale e l’altro più onirico, che potrebbero mischiarsi o escludersi a vicenda. Il rischio di confondere lo spettatore insinuando il dubbio “Caracas esiste davvero o è frutto della fantasia di Giordano?” è palpabile e oserei dire previsto: a volte il senso di sospensione è necessario per caratterizzare a fondo una storia, uno strano ossimoro, difficile da digerire secondo i gusti più semplici.
A parte l’amabile disorientamento che accomuna senza dubbio i personaggi al pubblico, è indiscussa la solida struttura di una vicenda capace di trasmettere a pieno sia la dannazione che la redenzione.
Marco D’Amore, confermato interprete di notevole spessore (protagonista indiscusso dell’acclamata serie tv Gomorra e poi del film L’Immortale), dimostra di avere polso nella direzione, misurandosi abilmente con una storia, sul perdersi nel dedalo del proprio io, attuale e di non facile resa.
È forte la sintonia con Toni Servillo (di cui D’Amore è stato allievo in teatro),grande attore capace di una versatilità che lascia sempre traccia dei caratteri impersonati, che in questa storia funge da narratore quasi paterno, una guida saggia che esorta Caracas a “non cercare la luce nel Duce e né nella religione, ma in sé stesso”.
Docente d’italiano per stranieri con esperienze nel campo televisivo e pubblicitario come redattrice e copywriter. È autrice di cortometraggi, racconti e testi teatrali. La creatività e la versatilità sono i suoi miglior pregi.