Beetlejuice Beetlejuice: il ritorno al cinema dello spiritello porcello di Tim Burton

Beetlejuice Beetlejuice

Presentato in anteprima mondiale nella sezione Fuori Concorso e nelle sale italiane a partire dal 5 settembre, Beetlejuice Beetlejuice è stato il film d’apertura dell’81ª edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Si tratta del sequel di Beetlejuice – Spiritello porcello del 1988: 36 anni dopo, il regista Tim Burton mantiene gran parte del cast originale – Michael Keaton, Winona Ryder, Catherine O’Hara – e inserisce alcune new entry come Jenna Ortega,Monica Bellucci e Willem Dafoe.

Dal successo del primo film al sequel tanto atteso

Beetlejuice Spiritello porcello è allo stesso tempo semplice e complesso, probabilmente l’opera più eclettica che Burton abbia mai realizzato. Il macabro si sposa con la risata ma la trama è piuttosto lineare: due coniugi deceduti, ormai fantasmi, si mettono in contatto con il “bio-esorcista” dell’aldilà, Beetlejuice, per spaventare i nuovi abitanti della loro casa a Winter River.

Se il prequel era un prodotto dalla vicenda essenziale ma carico di umorismo e di caoticità, il sequel ripercorre tutti questi elementi, ma l’universo visivo di Tim Burton diventa ancora più abbondante.

Il secondo Beetlejuice conferma nel ruolo del protagonista Michael Keaton, mentre Winona Ryder è sempre Lydia Deetz, ma adulta e in carriera – grazie alla sua capacità di vedere i fantasmi – come conduttrice del programma televisivo “Ghost House with Lydia Deetz”. Lydia trova il suo corrispettivo giovanile nella figlia ribelle Astrid (Jenna Ortega): il loro difficile rapporto è uno degli aspetti centrali del film e per cui si muove la vicenda.

In seguito a un tragico episodio, la famiglia Deetz torna nella dimora a Winter River – con loro c’è anche Delia Deetz (Catherine O’Hara) e Rory (Justin Theroux), compagno di Lydia – che risulta ancora infestata dallo spirito di Beetlejuice, confinato nel “mondo dei non morti”, una sorta di aldilà che precede la vera dipartita. Una serie di eventi determina l’apertura accidentale del portale dell’aldilà per mano di Astrid. Torna così lo spirito di Beetlejuice e il suo insubordinato caos, chiamato proprio da Lydia perché l’unico in grado di salvare la figlia in difficoltà.

Un film anarchico, frenetico e affollato

In questo tetro incantesimo tra il mondo dei vivi e quello dei fantasmi, si aggiunge un personaggio non particolarmente indispensabile ma che ha un impatto visivo notevole: Delores (Monica Bellucci), ex moglie sanguinaria di Beetlejuice che ha il potere di succhiare l’anima dalle persone. La sua è una vera e propria ricomposizione visiva: sulle note del brano Tragedy dei Bee Gees, si riattacca i pezzi mancanti al suo corpo lacerato. È una scena ipnotica e folgorante, a metà tra arte gotica e concettuale, che risulta essere quasi un sottotesto e un dichiarato ricongiungimento all’universo dark e gotico del Burton di 36 anni fa.

Un po’ come Wolf Jackson (Willem Dafoe) – anch’egli nuovo personaggio – attore nella vita precedente che con fatica risulta credibile nei panni del detective nell’altro mondo. È la parodia di sé stesso: finge sempre di trovarsi su un set ed è legato indissolubilmente alla sua vita precedente.

Beetlejuice Beetlejuice

L’incontro generazionale tra le due protagoniste simboleggia anche quello tra il cinema del passato e quello del presente di Tim Burton. La pellicola ripercorre le passioni del regista: da una danza sinistra degna del cinema muto al musical horror degli anni Settanta, per arrivare al cinema di Mario Bava, la cui evidente citazione si ha nel frammento in bianco e nero, tutto in italiano, della relazione tra Beetlejuice e Delores.

In Beetlejuice Beetlejuice la comicità è surreale e sovraccarica. L’occhio dello spettatore non è mai annoiato e si muove tra storie che non s’incrociano mai del tutto ma dalla sala si esce con il buon umore e con una certa soddisfazione.