Armonie di resilienza: la musica che celebra la disabilità

In un universo di barriere fisiche ed emotive invalicabili, la musica risuona come linguaggio universale, tessendo storie di resilienza e passione, sublimando sfide in poesia e ostacoli in arcobaleni di speranza.

Maggio 2022. Una nuova voce spicca nell’orizzonte letterario italiano con un incipit che risuona potente e commovente: «Mi chiamo Sirio, sono quello che guardate ammutoliti, quello che fa calare il silenzio quando passa. Sono quello a cui non sapete come dire le cose, non sapete se potete, non sapete se è il caso: sono il re sbilenco dei Tetrabondi, tetraplegico e vagabondo, bavoso e felice, che vuole riaprire le porte della città per far entrare tutti quelli lasciati fuori».

Duecentoquaranta pagine che pulsano di vita, permeate da parole audaci e senza veli. Un sorriso indimenticabile su una copertina dal tratto inconfondibile di Zerocalcare. E quel titolo, Ognuno ride a modo suo. Storia di un bambino irriverente e sbilenco, preludio a una storia di straordinaria bellezza.

Luci nel sentiero: il viaggio di Sirio

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Sirio e sua mamma Valentina Perniciaro

Nato prematuro nel 2013, Sirio balla sull’orlo dell’incertezza fin dai primi battiti del suo cuore, che per un istante, solo otto giorni dopo aver lasciato l’ospedale, sembra fermarsi. In quell’assordante silenzio, medici e familiari trattengono il respiro, mentre lui, anima coraggiosa, si prepara a librarsi in volo verso un futuro glorioso, pronto a rinascere fra le ali iridescenti della speranza.

Si dispiega così, tra le pagine, il viaggio del “re sbilenco”: un itinerario avvincente, tracciato da un amore sconfinato e una determinazione senza eguali, narrato in ogni minima sfumatura da sua madre, Valentina Perniciaro. Tra i sentieri tortuosi, dove prendono il sopravvento parole come tetraparesi spastica, paralisi cerebrale, sordità, diagnosi che potrebbero offuscare la sua luce, e che invece amplificano la sua forza. E ancora tracheotomia e gastrostomia, interventi che segnano il suo percorso, ma non ne frenano la corsa verso la vita.

Sì, perché oggi, a undici anni, Sirio irradia una vitalità sconfinata, brillando tra giochi e banchi di scuola come un poeta delle piccole vittorie quotidiane. Un lieto fine che si fonde con le esperienze di molti altri cuori indomiti, che sfidano le avversità di deformità, malattie, disabilità e diversità, in un canto vibrante alla vita.

La musica: un ponte tra storie e umanità

Come capitoli sospesi di romanzi, queste storie sognano di spezzare le catene sociali che le imprigionano, lasciando un segno indelebile, troppo spesso ignorato. Tuttavia, a volte capita che, per un’incantata alchimia, riescano a sfuggire dai confini di quei fogli ingialliti, trasformandosi in melodie senza tempo che risuonano nei cuori di “chi sa ascoltare”.

Succede allora che vite come quella di Sirio si intreccino con la nostra, tra accordi e voci indimenticabili, abbattendo le barriere della differenza e svelando la bellezza dell’uguaglianza umana. Una sinfonia di emozioni, di frammenti di vita tessuti con fili d’oro di poesia, dalla bellezza incantatrice e profonda umanità. Perché, come diceva Victor Hugo: «La musica esprime ciò che non può essere detto e su cui è impossibile rimanere in silenzio». Un universo parallelo, là dove le parole esitano e ogni vita trova il coraggio di essere.

Il coraggio di esistere: il «Per Sempre, Presente» di Tonino

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Lucio Dalla, cantautore delle anime erranti e delle storie dimenticate, ha dipinto un ritratto magistrale di resilienza e bellezza con il suo capolavoro: Per sempre, presente. Parlare di diversità per esistere ed esistere per accoglierla: così le note di questa canzone si liberano nell’aria, come foglie d’autunno sospinte dal vento ma sempre intatte, intrecciando la voce di Tonino, un ragazzo con la sindrome di Down, con quella di un coetaneo che non conosce la difformità.

Un dialogo immaginario, senza confini, che inizia con un semplice giro di chitarra e un verso secco e distaccato: «Mi chiamo Tonino e abito qui vicino». E poi l’immediata reazione: «E allora?» Chi è Tonino? “Forse nessuno eppure tutti”, in un mondo di piccole e grandi sfide, dove anche un «bel cielo sereno» e un azzurro intenso custodiscono la speranza di un futuro luminoso e libero.

«Confuso in un sogno di sole», ogni frammento che fuoriesce dalle sue labbra, trasforma il dolore in bellezza e la solitudine in una ribellione contro l’oblio. Un susseguirsi precario, accompagnato dalla composizione musicale che si arricchisce man mano di nuove sfumature, ma dove è sempre e solo il sax di Stefano di Battista – anima libera che domina la scena – a emergere, rivelando la forza silenziosa di chi combatte ogni giorno contro il mondo.

E nel mezzo della strofa, un «Mi sento di un bene che un po’ mi vergogno», poiché nel 2003, le parole adatte a descrivere la sua esperienza sembrano sfuggire, ma le note, come piccoli granelli di sabbia che brillano nelle tempeste della vita, riescono a dipingere la bellezza nascosta anche nelle esistenze più oscure. E allora, in un crescendo prima solo accennato, un finale ritmato prende il sopravvento al grido incalzante «Per sempre, presente». È l’amore di un’anima per sé stessa, la musica singolare di chi brilla vivendo, come una cometa di luce nel buio opaco degli standard.

Tra note e buio: Giulia e la danza del «Grecale»

Nell’oscurità della vita, come evoca Murubutu nella sua Grecale, un’altra stella risplende con grazia eterea: Giulia, ballerina non vedente. Avvolta dal vento e dalla voce profonda di Alessio Mariani, professore di storia e filosofia di giorno e rapper di notte, Giulia, detta «bimba ballerina», danza con «occhi mansueti», percependo il mondo attraverso il vento che accarezza la sua pelle, i profumi dei fiori che sollevano i suoi sensi, e sognando luci che sfiorano il suo spirito. La sua danza, al di là di convenzioni e retoriche, «è nel corpo e nei flussi», poesia d’arte allo stato puro.

Ogni caduta e ogni ferita sono note aggiunte a questa sinfonia della vita. A volte, la musica sembra interrompersi bruscamente, e il buio diventa opprimente. “Arrendersi alla disabilità? Mai!”. Il vento, suo fedele alleato, le sussurra: «Credi in te stessa, ce la farai». Tra i “cocci” dei suoi sogni infranti, Giulia trova la forza di rialzarsi. Ha compreso che la sua danza va oltre la vista, che il corpo può comunicare in mille sfumature, e che non è uno sguardo offuscato a impedirle di sognare.

Di fronte a un pubblico meravigliato, il sipario si abbassa sui suoi passi. Un primo applauso risuona, seguito da un fragore senza fine. Giulia continua a danzare, inamovibile, perché «non è vero, che i ciechi sognano il buio». Con i suoi sogni luminosi, scintillanti come un «raggio di sole nel temporale», Giulia dimostra che la vera arte sboccia dall’anima e illumina ogni limite.

Amore Senza Confini: Il «Ti regalerò una rosa» di Antonio

L’arte sboccia dai dettagli più umili e, nel 2007, approda a Sanremo. Sul palco, Simone Cristicchi, solitario e avvolto in una delicata penombra, cattura l’attenzione di tutta Italia. Al suo fianco, una semplice sedia gialla di plastica, simile a quelle da picnic che si abbandonano in qualche angolo di un garage quando l’estate ormai tramonta.

Senza bisogno di urla o imprecazioni, intona parole che raccontano una storia diversa, lontana mille miglia dalle banali e ripetitive narrazioni d’amore, che, pur intense e senza tempo, sanno di vecchio e già vissuto. Questa promessa d’amore, riletta tra le dolci note di una lettera piena di sofferenza ma priva di artifici, è scritta con una calligrafia semplice come quella di un bambino delle elementari: «Ti regalerò una rosa», anzi due: «una rossa per dipingere ogni cosa» e «una bianca come fossi la mia sposa».

È l’impegno amoroso che Antonio, nato nel ’54 con una disabilità cognitiva, dedica alla sua Margherita, incontrata tra i padiglioni di quel manicomio, odore di «piscio e segatura». Ma Margherita non risponde; sono passati vent’anni dalla sua partenza, e ora Antonio è solo uno dei tanti «punti di domanda senza risposta», internati e dimenticati. Non ha più amici, non ha più l’amore, folle, pazzo, squilibrato, ma «Antonio sa volare». E mentre recita le sue ultime parole, Cristicchi sale su quella sedia gialla ed in piedi su di essa mima il gesto di planare.

“Avvolto dalla nebbia della sua fine, Antonio ha forse scelto di dissolversi nel vento, sperando di danzare libero nel cielo?” Nessuna risposta. O meglio, non una risposta certa e inoppugnabile, almeno. Ma in fondo è giusto così, perché la vita stessa è un mistero che si svela lentamente, come «migliaia di astronavi che non tornano alla base», portatrici di segreti e meraviglie che sfuggono alla nostra immediata comprensione.

Come Antonio, Giulia, Tonino, Sirio e tanti altri, che demoliscono il nostro radicato oltranzismo. «Guardate tra me e voi, chi è diverso?», chiedono, e ci costringono a riflettere. Chi rappresenta davvero la diversità? Coloro che ballano al ritmo dei propri sogni, abbracciando il caos dell’anima, o coloro che imprigionano gli altri in etichette solo perché non conformi a un’armonia standardizzata? Una domanda enigmatica, forse. O forse no, se si parla di musica. Perché la musica unisce ciò che la vita divide. Così, «un pianoforte con un tasto rotto» può ancora incantare, e «l’accordo dissonante di un’orchestra di ubriachi» può farci levitare.