Disclaimer – La vita perfetta: la prima serie scritta, prodotta e diretta da Alfonso Cuarón

In arrivo il prossimo 11 ottobre in streaming su Apple TV+ e presentata Fuori Concorso all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Disclaimer è una miniserie lunga 7 episodi, basata sul romanzo La vita perfetta di Renée Knight.

Alfonso Cuarón dà vita ad un thriller psicologico in una serie che lo stesso regista definisce come “un film lungo” e che – come molti prodotti seriali oggi confermano – non ha nulla da invidiare al cinema. Disclaimer è pura meticolosità di messa in scena: dalla regia alla narrazione, dalla scelta degli attori e dalle loro lodevoli interpretazioni, alla fotografia disorientante e raffinata curata da Emmanuel Lubezki e Bruno Delbonnel, fino alle fredde musiche di Finneas O’Connell.

Una narrazione che richiede pazienza e che non lascia respirare

Catherine Ravenscroft (Cate Blanchett) è una rispettata e prestigiosa documentarista, la cui vita viene sconvolta un giorno dal romanzo The Perfect Stranger di un autore sconosciuto. Si scopre che il misterioso libro parla di un episodio archiviato del suo passato – nel quale Catherine è interpretata da una strepitosa Leila George. Sul punto di rivelarsi e di mettere a rischio la sua vita in apparenza perfetta, Catherine cercherà di scoprire l’entità di questo scrittore per proteggere il marito Robert (Sacha Baron Cohen) e il figlio Nicholas (Kodi Smit-McPhee).

L’autore della sua inesorabile rovina è però deciso a portare avanti una vendetta studiata nei minimi dettagli: Stephen Brigstocke (Kevin Kline), un professore che in seguito alla morte del figlio Jonathan (Louis Partridge) e poi della moglie (Lesley Manville), sembra aver ritrovato come unico scopo della vita quello di dare il tormento a Catherine. La vicenda viene raccontata in modo frammentato e la narrazione, muovendosi avanti e indietro nel tempo, inizialmente quasi confonde lo spettatore. Man mano che il racconto va avanti, questo diventa sempre più seducente e spiazzante: coinvolgente a tal punto da mettere il pubblico continuamente in discussione, e portarlo prima ad avere un’idea chiara su tutti i personaggi, e dopo a capovolgere completamente parere su di loro.

Una storia di manipolazioni e inganni

Disclaimer tiene incollato lo spettatore, lo rende partecipe e lo eccita nei tratti erotici. Stupisce in ogni episodio e disvela con cautela i segreti di personaggi a cui non si fanno sconti. Si scopre l’odio di Stephen e il suo desiderio di vendetta aumentare; allo stesso modo si prova il tormento e la disperazione di Catherine alla continua ricerca di un modo per sottrarsi al suo accaduto. Si confrontano due giovani, Nicholas e Jonathan, apparentemente lontani nel tempo ma resi quanto più vicini da una tecnologia che tutto fa tranne che unire, e che spinge l’istinto umano oltre ogni aspettativa. Si vede il fallimento di più generazioni e si comprende come non si conosce mai davvero a fondo qualcuno.

Cuarón però mette lo spettatore in guardia e con una minuzia di particolari – come già il titolo suggerisce – conferma che non tutto è come sembra: la stessa storia non può essere vera solo da un’unica prospettiva, se narrata in modi diversi questa può ribaltarsi. Le cose vengono lasciate in sospeso fino all’ultimo episodio e ciò alimenta nel pubblico la brama di scoprire la verità assoluta.

La trama è disseminata di cose che non tornano: è una storia di vendetta ma anche di pregiudizi, che talvolta stravolgono la percezione della realtà. Il dubbio sulla verità non è perpetrato solo tramite i cliffhanger di cui la serie è piena zeppa, quanto dal fulcro della storia e da come questa è perfettamente costruita in tutte le sue parti. Fondamentale in questa deviazione dalle convinzioni dei personaggi è il loro voice over, che sostituisce i pensieri cartacei e che fa da guida nelle loro azioni successive.

La serie esplora i tratti più reconditi della natura umana: il rancore è discutibile ma è inconfutabilmente crudele, e la rabbia può creare fantasie più vere di quelle reali. Disclaimer insegna che il passato può avere un potere tangibile sul presente e che le parole hanno una potenza che spesso è troppo sottovalutata.