Blink Twice di Zoë Kravitz: il thriller che smonta le regole del gioco

Immagina di poter dimenticare tutti quei brutti ricordi del passato, la tua infanzia, i problemi adolescenziali, la brutta giornata di ieri. Ogni mattina ti svegli e ciò che provi è solo un senso di calma e felicità. Nessun problema o trauma su cui rimuginare. Meglio ancora se tutto ciò avviene sull’isola priva di un milionario tech in cui sei stata invitata. Ma siamo sicuri che dimenticare sia meglio di ricordare? Ahimè, non è tutto oro ciò che luccica e in Blink Twice, Zoë Kravitz ce lo spiega bene.

La protagonista è Frida (Naomi Ackie), una cameriera che tira avanti lavorando nei ricevimenti di lusso. In uno di questi conosce Slater King (Channing Tatum) e scatta subito la scintilla. Tanto che lei e la sua amica Jess (Alia Shawkat) accettano subito l’invito per andare nell’isola privata di Slater insieme ad altri suoi amici. Il magnate del tech è uscito da poco da uno scandalo non ben definito, ha chiesto scusa e dichiarato di star facendo terapia.

Le cose non andranno bene per Frida, anzi andranno molto male, per lei e per le altre donne che sono state invitate, Sarah (Adria Arjona), una star dei reality grazie a una lunga partecipazione a Hot Survivor Babes; Camilla (Liz Caribel), una sviluppatrice di app che ha appena sfondato; e Heather (Trew Mullen), l’autoproclamata “regina delle canne”.

La regista svela i problemi che si creeranno a poco a poco, in uno schema che non ci è nuovo. Molti, infatti, lo hanno paragonato ad una versione femminista di “Scappa – Get Out” di Jordan Peele. Il posto perfetto in cui si trovano, in cui si divertono e si lasciano andare, si riempie pian piano di dettagli che destabilizzano e che fanno capire che forse c’è qualcosa che non va. Frida, infatti, comincerà a mettere in discussione le sue percezioni e suoi ricordi fino a quando si renderà conto di essere diventata la pedina di un gioco molto pericoloso. Così l’immagine idilliaca creata all’inizio verrà fatta a pezzi, e non solo quella.

Dove il confine tra bene e male sfuma

Blink Twice

Nel film è evidente la divisione netta ed eccessiva tra uomini e donne. Dove gli uomini sono aggressori, stupratori e vedono le donne solo come carne da macello. Mentre dall’altra parte le donne sono prede spaventate che cercano di fuggire. Non sempre la figura della donna combattiva a tutti i costi che deve fuggire e salvarsi dall’uomo è la sola rappresentazione che vogliamo vedere sul grande schermo. Ma Blink Twice porta sullo schermo una metafora, quella del Me Too.

Ci sono molti elementi che lo lasciano intendere: uomini che fanno finta di chiedere perdono senza essere davvero cambiati, dinamiche di potere che sfociano in abusi, vittime silenziose, donne che agiscono contro il proprio interesse (l’assistente di King, Stacy (Geena Davis) preferisce non sapere, non ricordare e di conseguenza non combattere) accettando il destino che la società patriarcale ha voluto per loro.

È vero, c’è anche la vendetta, ma è un tipo di vendetta diverso, che vede la donna messa al centro, con più sfaccettature e complessità. In questo film Zoë Kravitz ci mostra una soluzione a questo, un totale capovolgimento della situazione. Rovescia il sistema vigente e ne inverte i presupposti, dal patriarcato al matriarcato. Due opposti, entrambi pericolosi. Ma così facendo riesce anche a superare la dicotomia “donna = buona / uomo = cattivo”. Ricordandoci che ogni persona è a sé e non definita dal proprio genere.

Frida inverte i ruoli tra vittima e carnefice, costringendo quest’ultimo a sperimentare ciò che lei ha subito. Tuttavia, il suo comportamento non la fa apparire esattamente come una figura morale. Questo sovverte le aspettative del pubblico, e proprio quel cambiamento inaspettato crea un finale indimenticabile.