Beauty in black: una storia ancora incompleta

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Fenty Beauty

Se è vero che i parametri estetici si stanno estendendo, sarebbe opportuno promuovere la bellezza di ogni colore. Eppure, soprattutto in Italia, le modelle con pelle scura sono escluse il più delle volte, o, se ci sono, è difficile trovare prodotti e fondotinta che rappresentino queste carnagioni.

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Il fondotinta nasce in opposizione a quel concetto di inclusività che ultimamente sembrerebbe stia prendendo sempre più piede. Il fondo utilizzato prima del XX secolo era polveroso e bianco: aumentava, infatti, l’idea di un colore poco naturale, estremamente compatto e poco traspirante che, per ovvi motivi, omologava i visi, rendendoli tutti il più bianco possibile. Il finish che ne derivava, dunque, era più a scopo teatrale che mondano.

Nel ‘900 si assiste a una vera e propria rivoluzione della storia del make-up: nascono le prime case cosmetiche e iniziano a cambiare completamente i canoni estetici. L’azienda di cosmetici giapponese Shiseido crea, nel 1906, una formula per il prodotto con un finish molto più oleoso, in modo da renderlo più adattabile alla consistenza della pelle e da proporre, così, una resa più naturale: niente più donne dimesse e dal colorito pallido.

Vengono, inoltre, introdotti i primi fondotinta colorati così come li conosciamo oggi e, durante gli anni ’60 Shiseido crea il primo fondotinta compatto, dalla composizione più morbida e più facile da stendere, senza mancare, però, di un finish omogeneo e piallato.  Così, nella seconda metà del ‘900, la storia del make-up va di pari passo con quella socioculturale: il trucco diventa simbolo dell’emancipazione femminile, delle contestazioni giovanili e in seguito dell’edonismo consumistico degli anni ’80.

Prima comparsa dei fondotinta black

Proprio negli anni ’80, con la scoperta della sebo-regolazione della pelle del viso e in essa cause e soluzioni per una pelle da star, il famoso brand, risolve il problema creando una base make-up che fungeva anche da sebo regolatore, per un finish a lunga tenuta ma sempre impeccabile. Solo a partire dagli anni ’90, dunque, fanno la prima comparsa sul mercato i fondotinta per pelli scure e ispaniche grazie alla modella Iman (di origini sudanesi).

Data la continua evoluzione che ha portato il fondotinta a soddisfare ogni tipo di pelle, ai giorni nostri, si potrebbe pensare che le basi comprendenti fondotinta, correttori, contouring siano ormai super inclusive. E come non potrebbero esserlo, quando l’inclusività è diventato un punto fermo della modifica sociale? Invece, c’è chi non la pensa così. La storia del black fondo ha, dunque, radici vintage e si muove parallelamente a quella della base make-up classica, ma in virtù di una mancanza data proprio da quest’ultima. Ebbene sì, del fondotinta black se ne occupano solo le persone black.

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Da Dorothea Church a Rihanna: verso il fondotinta perfetto

Capi saldi, donne nere, hanno avuto una forte delusione quando nelle linee di prodotto “classiche” le sfumature del marrone, del nero e del caramello non esistevano, o erano scarse e definivano un’idea fuorviante di come fosse la loro pelle. A differenza di quanto si possa pensare, la storia comincia molto prima dell’amata badgalriri e arriva fino a Dorothea Church, prima afroamericana nella categoria top model francese negli anni del dopoguerra, per poi passare a Naomi Campbell o a modelle attualmente in voga come Adut Akech e Maria Borges.

Oggi, grazie a una, si spera, ritrovata accortezza nel gestire qualsivoglia tema inclusivo (compresa la moda), attori, cantanti, e black vip vanno sempre più per la maggiore. Triste, però, pensare che prima del 2017 nessuno, fuorché la giovane Rihanna, abbia urlato all’uguaglianza anche per una semplice e dovuta base make-up. È stata, infatti, la cantante barbadiana a riconoscere l’urgenza di creare shade che spaziassero su tutte le carnagioni, dichiarando su di non essere mai riuscita a trovare una tonalità confacente alla sua pelle per le basi make-up.

Influencer contro le discriminazioni beauty

Tante influencer hanno sostenuto la causa sentendosi finalmente libere di poter parlare del problema una volta aperto il così detto “vaso di pandora” sull’argomento. Una in particolare è Loretta Grace, cantante e attrice che si pone, soprattutto tramite il suo canale IG, in prima linea contro le discriminazioni beauty. “Quante volte ho perso le staffe dopo una seduta di make up in Italia, se trovo il genio che ha divulgato questo falso mito di dover necessariamente truccare le pelli scure con i colori accesi, giuro che gliene dico quattro!” ha confessato durante un’intervista pubblicata sul sito graceonyourdash.com.

Già in un’intervista a Vanity Fair aveva dichiarato che in teatro veniva truccata con un fondotinta per la pelle chiara, sostenendo, a tal proposito che i make-up debbano essere tendenti al glamour e non al grigio. Con una calda frustrazione, ha confessato di essersi desiderata bianca tante volte, a pro di delusioni generalizzate e nel mondo beauty stesso, perché l’ideale di bellezza sponsorizzato non poteva che essere diverso da quello che vedeva riflesso nello specchio.

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2024: a che punto siamo?

Da allora qualcosa si è mosso, è vero, ma, nel 2024 tornano ancora gli stessi problemi, e un esempio lampante è Crisalida Cipollone, modella e attrice che ha la pelle scura e i capelli ricci, e non può essere truccata, né pettinata allo stesso modo delle sue colleghe di carnagione più chiara. Truccatori e hair stylist non sanno come valorizzarla o, peggio, ignorano le sue esigenze.

“Non si ha voglia di mettersi in discussione e tante volte mi devo truccare da sola perché i truccatori non hanno gli strumenti adatti nei loro kit, e io mi ritrovo con il viso verde, giallo o arancione perché non sanno come valorizzare il mio incarnato […] c’è ignoranza e superficialità sul tema. E, inoltre, i corsi di trucco dedicano al massimo una lezione a questi tipi di pelle, eliminando anche le dimostrazioni su pelle nera. Non si tiene conto delle minoranze”.

Oltre Fenty Beauty con le sue 40 shades di fondotinta, immediatamente dopo ci sono stati Dior con 44 tonalità solo in Italia e 67 nel mondo; Estée Lauder con 56 nuance; Lancome che promuove la bellezza nera con Lupita N’Yongo e Lush con circa 40 shades e come loro tanti altri. Ma quanti dei brand che conosciamo e abbiamo imparato ad amare, comprendono profondamente il problema e si attivano per risolverlo? E quanti invece hanno seguito un altro ennesimo effimero trend?