Quando le anime si abbracciano: la statua d’amore di Ali e Nino a Batumi

Ali e Nino, Tamara Kvesitadze, 2010, Batumi, Georgia
Ali e Nino, Tamara Kvesitadze, 2010, Batumi, Georgia

Nel crepuscolo del Mar Nero, la statua d’amore di Ali e Nino sussurra l’eternità di un legame che danza oltre il tempo e le convenzioni umane. Due figure di acciaio intrecciate nella magia di un abbraccio senza fine.

Nel labirinto intricato delle vite umane, alcune storie si sfiorano senza mai congiungersi davvero, come versi di una poesia smarrita tra le pagine del destino. «Venivamo da direzioni diverse, casualmente i nostri percorsi si sono incrociati, i nostri sguardi si sono incontrati. Ma un attimo dopo eravamo già lontani, ognuno per la sua strada», scriveva Murakami Haruki in 1Q84. Tre volumi di inestinguibile eleganza in cui risuonava, come un lamento sussurrato nel vento, il dolce tormento di Tengo e Aomame.

Cuori legati da un filo invisibile, due comete che si avvicinano in un abbraccio di luce fugace. Incantano con la loro danza nell’etere dei desideri e delle memorie, tra barriere insormontabili e promesse irrealizzate. Uno dei tanti amori immortali scolpiti nella pietra dei secoli, il cui incontro è un nodo fittizio nella trama infinita delle esistenze.

Nel susseguirsi del tempo, abbiamo imparato ad amare queste relazioni tormentate, ad immergerci con le parole e le paure dei personaggi che le rendono vive. A ogni pagina voltata, chi non ha sospirato per Tengo e Aomame, Romeo e Giulietta, Paolo e Francesca o Cyrano e Rossana, sperando che coronassero il loro sogno d’amore? Eppure, nessun lieto fine è mai arrivato. Nessun «e vissero tutti felici e contenti».

Nonostante tutto, nell’oscurità dei giorni passati, abbiamo compreso che esistono legami invisibili che il tempo non può spezzare, legami che persistono nel cuore di chi li vive. E così, i protagonisti di quei drammi d’amore – incontrati tra i banchi di scuola – continuano a cercarsi, ad amarsi in silenzio, consapevoli che la loro unione esiste solo nei confini dell’anima. Di notte, tra terre inesplorate di sogno e realtà, si ritrovano, fondendosi l’uno nell’altro in un embrassement che sa di eternità.

Tra le bancarelle di Berlino: l’incanto di un amore dimenticato

Ali und Nino, Kurban Said, 1937
Ali und Nino, Kurban Said, 1937

In un Oriente che sfugge alla piena comprensione dell’Occidente, emergono liaisons tanto eteree quanto irraggiungibili, storie permeate di passione e malinconia che hanno impreziosito capolavori letterari, troppo spesso dimenticati. Ma come affermava Maya Angelou, «l’amore non conosce barriere. Salta ostacoli, oltrepassa recinzioni, attraversa pareti per arrivare alla sua destinazione, pieno di speranza».

Ed è proprio per un meraviglioso scherzo del destino che, nel chiasso delle bancarelle di libri usati a Berlino, Jenia Graman, ex ballerina dai passi lievi, inciampa fortuitamente in un volume destinato a riscrivere il corso dei suoi pensieri e delle sue emozioni: Ali und Nino. Un romanzo impregnato di passioni ardenti e audaci sacrifici, sulle cui pagine ingiallite, compare la firma di un autore dalle mille identità: Kurban Said, Essad Bey, o che si voglia Lev Nussimbaum – un ebreo ashkenazita nato a Baku, costretto a celare la sua identità sotto il peso dell’oppressione nazista.

Ali e Nino: un amore senza tempo tra le vette del Caucaso

Al di là della sfuggente identità dell’autore, è l’epopea dei due protagonisti a catturare l’animo dei lettori. Il racconto ha inizio all’alba del XX secolo, in un’epoca di tumultuose trasformazioni, l’Azerbaigian lotta per preservare la sua identità sotto le pressioni dell’Impero Russo. In questa magica terra del Caucaso, tra montagne che sembrano baciare il cielo e fiumi che narrano antiche leggende, sboccia un amore che non conosce confini né norme. Ali Khan Shirvanshir, il principe musulmano dai nobili tratti e dal cuore impavido, incrocia il destino di Nino Kipiani, la principessa cristiana georgiana, dalla bellezza eterea e l’animo indomito.

Il loro idillio è un affascinante gioco di contrasti: il maestoso deserto contro la delicata fragilità del giardino, il richiamo del muezzin che si mescola al suono delle campane cristiane. In questo duetto di diversità, Ali e Nino trovano una passione che cresce come un fuoco insaziabile. Nelle notti stellate, tra montagne che custodiscono segreti millenari, si scambiano promesse all’ombra dei cipressi. Tra profumi di melograno, ogni loro istante è poesia, ogni sguardo un sonetto d’amore scritto nel linguaggio universale dei cuori innamorati. Anche di fronte alle minacce della guerra, quando le ombre del conflitto si allungano minacciose, i due amanti non si arrendono. Scappano verso la Persia, diventando simboli culturali di un mondo ancora impreparato a comprendere la loro unione.

Ma la guerra avanza implacabile: Ali si arruola e sacrifica la vita per difendere la sua patria. Nino, rimasta vedova, con il figlio nato da quell’amore travolgente, trova rifugio in Georgia, dove il ricordo di Ali continua a bruciare in lei come una fiamma eterna. Come sole e luna, separati ma sempre in cerca l’uno dell’altro, le loro anime vagano costantemente tra terra al cielo, alla ricerca di una luce eterna che le unisca oltre la morte e la distanza.

Ali e Nino: l’abbraccio incompiuto sul Mar Nero

Ali e Nino, Tamara Kvesitadze, 2010, Batumi, Georgia
Ali e Nino, Tamara Kvesitadze, 2010, Batumi, Georgia

Nel vasto panorama dell’essere, le anime di Ali e Nino “fluttuano” come antiche costellazioni, sfiorandosi senza mai fondersi completamente. La loro storia d’amore “aggrovigliata” nei fili dell’eternità riecheggia come un sussurro nel vento: «Chiudi gli occhi, copriti le orecchie con le mani e apri la tua anima». Un richiamo che trascende le barriere del tempo e dello spazio, narrando un legame indissolubile.

Una leggenda antica narra di un amore simile. Forse il più arcaico e impossibile di tutti gli amori. Chi non ha mai sentito parlare della primigenia passione tra il Sole e la Luna?

Secondo un credo antico, si narra che: «quando il Sole e la Luna si incontrarono per la prima volta, sbocciò tra loro un amore profondo e irresistibile. In quei tempi remoti, il mondo non esisteva ancora. Quando Dio completò la sua creazione, decise di adornarla con la luce: il Sole avrebbe illuminato il giorno e la Luna la notte, separandoli per sempre. La Luna, disperata per questo crudele destino, pianse fino a diventare pallida e spenta. Nemmeno le stelle, dono di Dio per farle compagnia, riuscirono a lenire il suo dolore. Colpito dalla sua sofferenza, Dio decise di concederle un solo attimo fugace in cui potesse amarsi con il Sole senza riserve. Così nacque l’eclissi, un evento raro e magico in cui la Luna e il Sole possono finalmente incontrarsi e amarsi». Sole e Luna vivono nell’attesa di quel momento, l’unico istante in cui possono abbracciarsi e dichiararsi il loro amore. Quando ciò accade, il loro abbraccio è così intenso che gli occhi umani non possono sopportarne la luce, rischiando di essere accecati dall’intensità di tanto amore.

Ispirandosi a questo racconto, nel 2010 l’artista georgiana Tamara Kvesitadze ha creato un’opera d’arte che offre ai nostri Ali e Nino la possibilità di toccarsi anche solo per pochi secondi senza mai aversi completamente. La scultura cinetica, situata sullo sfondo azzurro delle linee marine di Batumi, rappresenta il loro vincolo sentimentale nel fluire perpetuo dell’arte. L’opera monumentale di metallo, conosciuta anche come L’uomo e la donna, è composta da due figure umane stilizzate alte circa otto metri, che si ergono fiere come due ombre scolpite nel vento.

Ogni giorno al tramonto, allo scoccare delle 19 locali, nell’aria salmastra del Mar Nero, Batumi rivive l’inizio e la fine del loro amore nell’eterno avvicinarsi dei due corpi metallici. Frammenti d’acciaio sospesi nell’aria brillano come stelle, riflettendo la luce del giorno e custodendo il mistero della notte. Inizialmente separate come rami di alberi lontani, si protendono l’una verso l’altra, simboli di una passione incessante e di un legame indissolubile. Ogni dettaglio, dalle curve delle loro forme alla grazia dei loro movimenti, racconta una storia di intimità e di distanza, un’ode al magnetismo irresistibile dei loro destini intrecciati.

Quando si scontrano e si attraversano, sembrano associarsi in un unico essere per un breve ed effimero istante. Un’unione temporanea, e poi l’inevitabile separazione. Questo moto perpetuo dipinge un quadro visivo che cattura l’eterno ciclo di amore e perdita, un’oasi di serenità tra le burrasche della storia. Che Ali e Nino siano caduti vittime di un destino implacabile non importa; la loro storia è viva in questa scultura che li perpetua in un abbraccio mai del tutto compiuto.

Un faro di speranza tra Oriente e Occidente

Avete mai sperimentato quella sensazione di essere sospesi in un’eternità vibrante di desiderio e gioia, dove una carezza, nell’intensità dell’amore, sembra avvolgere l’anima? Come Antonio Canova ci ha mostrato attraverso un capolavoro come la scultura di Amore e Psiche, l’arte possiede il potere di elevare e immortalare quell’istante preciso in cui due amanti si concedono il più puro e prezioso dei doni: non la passione carnale, ma un gesto ancora più sublime e incorrotto dell’atto di procreare– l’abbraccio.

La statua di Ali e Nino cattura esattamente quel momento sospeso nel tempo, in una veste moderna, ma con un dettaglio che lo distingue profondamente: le braccia assenti che avrebbero dovuto completare il gesto. Forse perché i due amanti non si sono più ritrovati, o forse perché sono rimasti in bilico tra Oriente e Occidente, una forza magnetica di attrazione e rifiuto che non conosce requie.

Da un lato, il richiamo del collettivismo, della spiritualità, del potere silenzioso di un’antica civiltà. Dall’altro, l’individualismo, il materialismo, la democrazia con tutto il suo clamore. Mondi, apparentemente opposti che collidono e creano un dialogo senza fine tra culture, ideali e costumi. Dal romanzo che ha immortalato questo amore travagliato emerge di fatto una nuova speranza: «I numerosi popoli a cui ho fatto visita, i numerosi eventi a cui ho assistito, mi hanno trasformato in un perfetto cosmopolita». Un invito al futuro, una promessa che attraverso il rispetto e la comprensione reciproca, anche le differenze più profonde possano trovare una via per “annodarsi”, come le mani di Ali e Nino, se solo avessero potuto abbracciarsi completamente.

Abbracciarsi per sopravvivere

In questo mondo di viandanti, tutti esuli nel mistero dell’esistenza, la statua di Ali e Nino si erge allora come simbolo di speranza.

Mentre il sole scompare dietro l’orizzonte e Ali e Nino si separano di nuovo, il peso della loro inevitabile separazione è palpabile. Nel silenzio della sera, però, restano vegliardi di un amore che continua a risplendere nell’oscurità, memoria vivida di vite spezzate e sogni infranti dalla devastazione della guerra. Affinché nessun nome si perda nel vuoto dell’oblio, e nessun volto svanisca nel ricordo di una storia ancora troppo crudele da sopportare.