CHE FINE FARÀ LA CARNE?

NUOVE FRONTIERE DEL FOOD E SOSTENIBILITÀ PLANT-BASED

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Ormai si sa, le carni rosse non sono particolarmente amiche della salute. Di fatto possono contenere alti livelli di grassi saturi e colesterolo e far aumentare considerevolmente il rischio di malattie cardiovascolari. Inoltre studi recenti suggeriscono che un consumo elevato possa portare livelli più alti di infiammazione nel corpo.

Per non parlare dell’impatto che gli allevamenti intensivi hanno sulla terra: secondo la FAO (Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite) il settore zootecnico è responsabile di circa il 14,5% delle emissioni globali di gas serra, principalmente sottoforma di metano. Anche la deforestazione e il consumo di risorse idriche sono problemi reali connessi agli stabilimenti produttivi di carni e prodotti caseari.

Se non carne, cosa?

I grossi limiti della produzione di carne e prodotti caseari stanno portando alla rapida ascesa di prodotti plant-based (a base vegetale) che grazie a fattori positivi connessi alla salute fisica e ambientale stanno diventando sempre più popolari come alternativa al consumo di proteine animali.

Oltre ai vantaggi per la salute personale, come la gestione del peso – essendo il contenuto calorico tendenzialmente inferiore – e il miglioramento della digestione – grazie all’alta concentrazione di fibre – i benefici delle coltivazioni coinvolgono anche la salute dell’ambiente, poiché riducono significativamente non solo le riduzioni di gas serra ma impiegano anche un quantitativo minore di risorse idriche: le coltivazioni necessitano infatti soltantodel 10% –  30% delle risorse complessive rispetto all’industria zootecnica.

L’Italia delle start-up corre incontro al futuro

Il trend è chiaro: più coltivazioni, meno allevamenti. L’Italia cavalca l’onda e sceglie di adeguarsi – nonostante l’allegoria del buon pranzo domenicale dalla nonna a base di lasagna al ragù e pollo arrosto. Ad aprire le danze sono naturalmente i più giovani che start-up su start-up mettono a punto e ci insegnano nuovi metodi di produrre e cibarsi, tenendo conto non solo del prodotto plant-based, ma anche della necessità di mirare alla qualità più che alla quantità e di poterlo fare in modo smart, che tenga conto dei ritmi frenetici del nostro quotidiano.

Ecco che il pasto diventa sì gourmet ma anche consegnato direttamente in box, pronto da scongelare in micro. È il caso della start-up padovana HUMAMY (“saporito” in giapponese) che propone piatti preparati solo con materie prime selezionate e naturalmente vegetali. Altra realtà che propone una piccola rivoluzione in termini alimentari è sicuramente CIBOCI: siamo a Brescia, dove un gruppo di studenti e ricercatori ingegnerizza (e successivamente ne deposita il brevetto) un boccone completamente edibile composto da vegetante e matrice anch’essa commestibile, ricco di sostanze biologicamente attive. Un cibo sano e intelligente da consumare direttamente crudo.

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Non rimane indietro il Sud, dove piccole realtà ben strutturate stanno gettando le basi dell’innovazione anche proprio nei territori della tradizione. Come ad esempio FOREVERLAND che nel 2023 si è aggiudicata il primo premio start up Puglia. Con il loro prodotto di punta –  Freecao –  propongono un’alternativa alla classica tavoletta di cioccolato al latte, utilizzando un frutto dimenticato ma di cui il sud Italia è ricco: la carruba. Il risultato è una gustosa tavoletta completamente vegetale col 50% di zuccheri in meno e più sostenibile da un punto di vista produttivo.

In medio stat virtus

Se è vero che siamo arrivati ad un punto in cui è necessario un’inversione di tendenza per quello che riguarda la carne – a causa dello smisurato consumo fatto negli ultimi 50 anni – è altrettanto vero che non dobbiamo cadere nella stessa trappola applicandola ai prodotti a base vegetale. Ben venga dunque una dieta che sì, predilige alcuni prodotti, ma allo stesso tempo non elimina in maniera aprioristica il consumo di cibi di provenienza animale.

In quest’ottica sarebbe auspicabile per il futuro che i dettami totalizzanti venissero quanto meno messi in discussione e che la parola bilanciato diventasse sempre più spesso sinonimo della parola sostenibile.